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Baggio anni '20: capolinea del tram e casermetta dei carabinieri. |
Le mie conoscenze dirette del rione di Baggio risalgono agli anni ’20, ma tramite mio padre la conoscenza giunge all’anno della sua nascita, cioè al 1879. Mio padre, logicamente, non mi risparmiava le notizie avute in eredità dal nonno Virgilio, uno dei benemeriti casellanti del tronco ferroviario Milano-Alessandria, all’altezza della Ca’ Bianca, e proprietario di una casa in via Due Giugno a Baggio. Il nonno nacque a Pregnana nel 1848. La nascita di mia madre avvenne invece nei vecchissimi locali ricavati dal Monastero degli Olivetani, locali che albergarono generazioni di Lampertico, provenienti, a detta di mio padre, dalla vicina Confederazione Elvetica.
Riferirò, alla buona, del mio Rione posto ad occidente della metropoli lombarda, allorché, nel 1923 cessò di essere comune a sé. Da questo connubio, il nuovo rione trasse vantaggio? Le clausole tra i due sindaci di tale inglobo vennero, in seguito, depositate negli archivi milanesi; è certo che Baggio continuò ad essere agricola e migliorie per i pochi abitanti non se ne videro molti. L’Amministrazione ci portò il tram n.34, che faceva capolinea in Largo Cairoli e per il quale, in periferia, il bigliettaio doveva girare il trolley una volta giunto al lato della ex-casermetta. In seguito, sull’area dell’attuale oratorio femminile di Via Forze Armate si allestì la “rotonda”. V’era pure la stazione dei Carabinieri (e chi non ricorda il Maresciallo Cilia ?); il Curato beneficiò del titolo di Prevosto, perché tale era (ed è) il grado dei responsabili delle parrocchie cittadine. Per il resto i baggesi (ci si guardi bene dal chiamarli “baggiani”) continuarono ogni autunno a rimettere al sole le fumiganti terre che avevano arricchito i capaci granai dei Dell’Oro (ricca famiglia latifondista) ed i troppo stretti depositi dei piccoli proprietari dei terreni (fra cui anche i miei nonni materni).
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Sessione di orticoltura a scuola A. da Baggio (primi anni '30) |
Baggio, in quegli anni, non vantava una rete viaria troppo complessa; infatti, provenendo dal centro, lungo una stradicciola di pochi metri di larghezza, si giungeva nell’abitato. Da qui, una arteria di nessuna importanza (le attuali Vie Rismondo e Scanini) si perdeva nei prati confinanti con Quinto Romano, mentre la strada, chiamiamola principale, dopo aver lasciato sulla destra la via Masaniello, raggiungeva la Chiesa, quella in cui si trova il famoso organo. L’attuale via Gianella, all’altezza circa di Via Valle Isorno, si biforcava ed una stradicciola portava a Cesano Boscone, mentra l’altra arrivava (come tutt’ora arriva) a Muggiano. Proseguendo poi per via Ceriani, si voltava in via Due Giugno e, giunti in Piazza Anita Garibaldi, un’arteria puntava su Cusago, mentre una seconda su Quinto Romano. All’altezza della attuale Via Anselmo da Baggio, la strada curvava raggiungendo Seguro. Queste erano le uniche strade di Baggio quando io ero un ragazzo.
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Funerale in via Ceriani, fine anni '40. |
L’illuminazione era quanto mai scarsa; l’acqua si attingeva alle “trombe” (pompe idrauliche) e non esisteva la rete fognaria. Il servizio igienico si trovava o nel mezzo della corte o in un angolo, e serviva a tutti gli abitanti del cortile che, come nel mio caso, raggiungevano la riguardevole cifra di una trentina di persone. Dove finivano gli scarichi del gabinetto? Nel pozzo nero, dal quale, ad intervalli regolari, il contadino, col “bonzetto” (bonza), nel silenzio della notte lo vuotava, tuffando ritmicamente e rumorosamente il secchio munito di una lunga pertica. E’ inutile soffermarsi sui particolari sgradevoli; certo è che parte dei liquami si incanalava nella piccola roggia (rungèt) che percorreva il centro delle vie e nella quale finivano pure le acque sporche rovesciate dai mastelli (sigiùn). Queste rogge costituivano lo scarico e raggiungevano i vari fontanili di cui Baggio era ricca.
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El Monastée negli anni 40. |
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