A trent’anni della scomparsa, insieme ricorderemo Virgilio durante
la Santa Messa delle h. 18 di domenica 16/11/2014 alla Parrocchia di
S.Anselmo da Baggio, via Manaresi Milano.

Prof.VIRGILIO CHIESA (Baggio 1921 - Baggio 1984)- Questo blog vuole essere non soltanto la celebrazione del ricordo del Prof. Virgilio Chiesa nel trentennale della sua scomparsa, ma anche un doveroso tributo di riconoscenza ad un insegnante ed educatore affettuoso, eclettico, socievole, informale e tanti altri aggettivi che, da suoi figli, speriamo di incrementare e condividere fra quanti (ex allievi in primis, ma non solo) ne hanno avuto la possibilità di incrociare il percorso di vita.
domenica 9 novembre 2014
sabato 21 giugno 2014
Il ricordo di Tiziana
Buongiorno,
sono venuta a conoscenza di questo bellissimo blog
soltanto ora e poichè conservo ancora oggi un ricordo molto vivido ed
affettuoso del MIO Prof. CHIESA, desidero senza alcun indugio condividere con i
figli la gioia del ricordo di questo grande uomo, professionista e, non avevo
dubbi, padre.
Il Prof. Virgilio Chiesa è stato il mio insegnante
di Italiano, Storia e Geografia in prima e seconda media (a.s. 74/75 e 75/76);
in terza media purtroppo lui fu costretto ad allontanarsi per la malattia. Conservo,
molto gelosamente ancora oggi, una sua lettera di quel periodo che, malgrado il
suo stato di salute, ha usato per darmi forza, invitarmi ad essere matura ed
impegnarmi nel mio dovere, consolandomi nel contempo per la sua lontananza:
..... quanta generosità in tutto questo.
Sono stata una delle fortunate allieve in
"gita" per le strade, le cascine ed i monumenti di Baggio vecchia,
anche in questo caso conservo ancora il ricordo degli aneddoti riguardo alla
Chiesa di S. Apollinare, agli Olmi che hanno dato il nome all'omonimo
Quartiere, all'Organo della Chiesa Vecchia ecc... A proposito, la foto presente
in questo blog nella sezione Cenni Biografici "Classe del Q.re Olmi in
visita al Monastero degli Olivetani" posso dire che è stata scattata nel
1976 e la calsse è la 2^ G di allora (era la mia classe; quei ragazzi eravamo
noi, io non compaio ma riconosco le mie compagne). Per me è una bella emozione
ricordare.
Con affetto
Tiziana
venerdì 11 aprile 2014
Scuola Media Statale Cesare Correnti, Quartiere Olmi: Baggesi in trasferta.
![]() |
Terza G - 1981 |
Frequentare le scuole medie nella stessa scuola (giustamente non nella stessa sezione) dove insegna il proprio padre potrebbe sembrare a qualcuno un privilegio, soprattutto nell’Italia di oggi dove chi non approfitta di qualsiasi posizione di vantaggio appare come uno scemo nato. Ma parliamo di altri tempi e, soprattutto, di altri padri. Se proprio vogliamo trovare dei vantaggi, ecco il passaggio all’andata (o al ritorno) da o per la scuola, sempre che la prima o l’ultima ora di entrambi coincidevano, sulla scassatissima Seicento di papà; ma se gli orari non combaciavano non restava che attendere la 63 (o forse si chiamava ancora Q?) Quanto alla prossimità dei propri insegnanti con il loro collega (tuo padre) non poteva che essere origine di una strettissima vigilanza sul proprio rendimento e sulla propria condotta.
![]() |
Gita con classe degli Olmi |
Devo dire in tutta onestà che il livello di allerta da parte mia fu sempre così alto da non rendere quasi mai necessario quel “canale di comunicazione” eccetto forse in un caso in cui fui pizzicato impreparato ad una interrogazione a sorteggio di Storia. Ebbene sì, il povero papà, insegnate di Lettere Storia e Geografia, aveva un figlio completamente refrattario ad una delle sue materie. Mi ci vollero un’altra ventina di anni prima di capire la bellezza e l’importanza della Storia, grazie anche al cambio da una prospettiva puramente mnemonica su luoghi e date di personaggi , tipica delle scuole primarie, ad una orientata alla comprensione del mutamento del destino di interi popoli fatti da persone in carne ed ossa con i loro problemi quotidiani.
![]() |
Sappiamo solo che questa foto è del 1983 |
Ad ogni modo, dei tre anni passati alla scuola di Via delle Betulle 17 tra il ’71 ed il ’74 non ricordo un granché, non abbiatemene!, sono passati più di quarant’anni!. Certamente ho ancora ben presente l’amabile pacatezza e la serietà del Preside, Don Ferdinando Magoni, per non parlare del suo candore cristiano: fuori dalla porta del suo appartamento all’interno dell’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone aveva affisso un cartello con scritto “LADRO NON ENTRARE”… Ricordo anche la professionalità unità alla sincera umanità della responsabile della Segreteria, sig.ra Battistina Poli, coadiuvata da un certo sig. Moscatiello, un tale barbuto. C’era anche un bidello del sud con i baffi, di cui non ricordo il nome, che all’intervallo vendeva panini imbottiti di salame e sott’oli pugliesi, sapori forti ed ancora quasi inediti per noi nordici di allora.
![]() |
Prima G - 1984 |
Beh, certo, mi ricordo ancora un po’ di ex compagni di classe: Marco Roveroni, Mario Giò (oggi apprezzato Chirurgo Oculista), Giancarlo Corbella, Luciano Monti (e chissà quanti al momento mi sfuggono). Anche la mamma di Mario insegnava alla Cesare Correnti e, ricambiandoci il favore, raddoppiavano le probabilità di un passaggio in auto fino a casa. Tra gli insegnanti le professoresse Padrosa (inglese), Bindi (matematica)
Il mio rapporto con papà durante tutta la mia fanciullezza fu davvero speciale: a lui devo tanto di quello che ancora oggi sono. Nell’ambito scolastico di quei tre anni, però, ci fu tra noi una sorta di patto non scritto per il quale dovetti “nuotare con le mie braccia” e questo probabilmente è il motivo per cui non ho aneddoti scolastici che lo riguardano da raccontare.
![]() |
Io e il mio papà (con sorella e zio Marco) |
domenica 9 marzo 2014
Civica scuola serale Anselmo da Baggio - anno scolastico 1982/83: il ricordo di una allieva “particolare”
![]() |
Studenti lavoratori civica scuola serale A.da Baggio primi anni '80 |
Tornare nella scuola dove avevo frequentato le elementari è stata un'esperienza surreale.
Percorrevo i corridoi con l'animo sospeso di curiosità e di timore di incorrere nel "Mostro sacro" che aveva tenuto generazioni di bimbi di Baggio in reverenziale silenzio!
Mi sono data della sciocca perché la mitica Direttrice Piera Zanisi (zia Pierina!) era in pensione da anni!
Poi, dal fondo del corridoio, ho scorto papà Virgilio che veniva verso di me, attorniato da un gruppo di ragazzi coi quali conversava con amabilità. Ho provato un moto di gelosia: ehi, quello era mio padre!
Mi sono avvicinata ed abbiamo raggiunto gli altri compagni in classe.
![]() |
Studenti lavoratori civica scuola serale A.da Baggio anni '70 (Prima A) |
Ero commossa nel vedere papà in cattedra ma, solo in parte, avevo intuito cosa avrebbe significato quel viaggio assieme.
Papà precisò ai miei compagni che il fatto di avere la figlia come alunna non lo avrebbe distratto dal solito rigore ed iniziò a spiegare che il sacrificio di trascorrere tutte le sere sui libri si sarebbe trasformato in gioia di conoscere soprattutto e, marginalmente, in consolidamento della posizione lavorativa!
Papà riusciva a far amare le sue materie perché metteva tutta l'anima nel semplificare e rendere vivaci le nozioni: l'Inferno di Dante, la letteratura, la storia...il tempo con lui volava e non serviva il caffè per tenersi svegli.
Nonostante la stanchezza che gli provocava la sua patologia e che insegnasse anche al mattino ai ragazzi delle medie, le sue lezioni erano preparate con cura e , quando ci rendeva un elaborato corretto, coglieva l'occasione per una frase di incoraggiamento.
Era stato studente lavoratore anche lui e comprendeva la nostra fatica.
![]() |
Studenti lavoratori civica scuola serale A.da Baggio anni '70 (SecondaA) |
Durante le lezioni desiderava si stesse attenti e composti, non perdonava che si ruminassero gomme o altro..... ma io conoscevo un suo punto debole!
Una sera mi sono fatta scoprire che masticavo vistosamente. Pronto il rimprovero: "Devo mandare dal Preside proprio te?" Con aria ingenua replicai: "Papa, non potevo resistere, sto mangiando una castagna secca!"
Immediata la reazione: "E a me non la offri, stronzetta?"
Il suo unico punto debole: le castagne secche!
Conservo di quel periodo tante gioie ma anche tanto dolore celato: i medici ci avevano già informato della sua terribile condanna. Riuscii a dare la maturità mentre papà era ricoverato all'ospedale di Niguarda. Quando gli comunicai l'esito si lasciò scappare: "Potevi fare di meglio!"
Non ho mai ritirato il diploma ma ho voluto restasse un umile tributo d'amore per un insegnante capace di trasmettere curiosità e desiderio di capire!
![]() |
Studenti lavoratori civica scuola serale A.da Baggio anni '70 (Terza A) |
lunedì 3 marzo 2014
SCRITTI (Parte 4) El “Chiesa donn”
![]() |
Nonno Enrico (el Chiesa Donn) con famiglia e bisnonna Carolina |
Non posso chiudere questa rassegna di persone stravaganti ed estrose, senza richiamare dal mondo dei più “el Chiesa donn”. Alla guida del suo ronzino, impegnato nel traino d’un capace carro su cui si trovavano generi alimentari, di drogheria e di merceria, girovagava per i cascinali che facevano corona a Baggio ed anche sostava nelle parti estreme delle vie del rione: un venditore ambulante come ancora ne esistono; ma “el Chiesa” era una figura particolare, poiché ad un perenne sorriso ed irrefrenabile giovialità, accompagnava il suo lavoro con mille battute esilaranti. Intanto era estremamente originale il modo con il quale si presentava nei cortili; infatti, piuttosto di lanciare un suono di tromba, avvertiva con voce squillante:
“Ghè rivàa el Chiesa donn
Al g’ha l’oli e l’asèe bon
Acqua negrina, saùn e l’ucelina
Spirit de brüsà, sucher e cafè”
A tale richiamo le donne si affollavano attorno al carro e , mentre dava loro quanto gli veniva richiesto, trovava mille motivi per equivocare un po’ su tutto. La domenica lo si trovava fra i cantori della parrocchia e, quasi tutte le sere, lo si poteva vedere, addormentato come un sasso, su di una poltrona della grande sala dell’Università di p.za Sant’Ambrogio, disattento a seguire le dotte conferenze della Azione Cattolica, della quale, in Baggio, fu per decenni il presidente.
![]() |
Nonno Enrico con papà Virgilio e zio gesuita don Carlo Chiesa |
Il nostro Chiesa Enrico, con suo cognato, nel lontano 1920, o giù di lì, aprì la prima sala cinematografica in Via Due Giugno. La sala era tremendamente modesta, e pochi erano i centesimi richiesti per poter seguire la proiezione; ma i pratici baggesi d’allora anziché andare al “Gin Matòc” (come storpiavano il termine cinematografo), con quei pochi centesimi preferivano bersi un “mez” di barbera. L’iniziativa, manco a dirlo, andò fallita. Seguirà, più tardi in via Rismondo, il cinema Gardenia. Ma il brav’uomo ebbe le sue meritevoli soddisfazioni; dei suoi cinque figli, uno si fece sacerdote gesuita e per decenni collaborò alla reggenza dell’Istituto Leone XIII a Milano e del Bellarmino in Roma; un altro, conseguita la laurea in filosofia, da sempre sta insegnando Lettere ai giovani, sia delle scuole statali diurne che di quelle comunali serali. Ai molti alunni, oltre alle nozioni volute dai programmi ministeriali, cerca di trasmettere la gioia di vivere, la fiducia nel futuro, la convinzione che ogni giorno ha il suo santo e che, alla fine, il trionfo del bene sul male sarà, come è sempre stato, sicuro e completo.
Questo spirito semplice ed onesto è la caratteristica profonda e costante del buon popolo di Baggio, spirito di cui dovrebbero imbeversi i baggesi di più o meno recente importazione.
Mercoledì 5 marzo 2014 ricorre il settimo anniversario della scomparsa di mamma. Ci piace saperli in cielo di nuovo insieme, giovani e sorridenti come nella foto dei giorni del loro matrimonio o anche, nella foto che segue, più avanti negli anni ma con lo stesso spirito.
![]() |
Con mamma Ambrogina Antoniazzi (Cesano B. 19/10/29-Magenta 05/03/07) |
giovedì 27 febbraio 2014
SCRITTI (Parte 3) Storia di Baggio: strani personaggi
![]() |
Baggio Vecchia negli anni '30 (archivio de Il Diciotto) |
Se mi riesce, vorrei ripescare dalle ombre del passato qualche baggese dal modo di fare alquanto originale (non dimentichiamo il “baggiano” di manzoniana memoria!). Al primo posto metterei il “mangiapapina”, un pover uomo al quale madre natura aveva negato tutto. Sgraziato nel fisico e nella mente, si esibiva, dietro piccoli compensi, in numeri atletici assolutamente vietati alle sue possibilità. Non vi sto a dire a quante follie fu spinto dalla rozza socialità degli abitanti di quel tempo. Un bel dì, ad esempio, da un ragazzotto in vena di scherzi, fu sollecitato a saltare una corda posta a circa trenta centimetri da terra. Compenso, una manciata di zucchero. Il Mangiapapina prende la rincorsa, ma impedito com’era non seppe superare la prova. Al premio aveva comunque diritto. Povera creatura: in bocca, invece del dolce prodotto, si ritrovò la repellente e bruciante “soda” che lo fece soffrire non poco, tra il divertimento (?!) dei presenti.
![]() |
Osteria Tri Basei di Via Rismondo (Archivio de Il Diciotto) |
Al secondo
posto metterei il “Gamba de sàc”. Era costui un’infelice creatura alla quale
era stata amputata la parte inferiore della gamba sinistra e che personalmente
risolveva il problema della protesi fasciandosi con strisce ricavate da comuni
sacchi di juta. Già selvaggio di natura, la disgrazia l’aveva maggiormente
inviperito; viveva d’accattonaggio ed era il terrore dei ragazzi che,
richiamandogli in coro la sua gamba di sacco, ne facevano scattare l’ira
furente, trasformandolo in un forsennato Don Chisciotte. Brutti istanti viveva
chi gli cadeva a tiro! Di notte era il nostro incubo.
Se il medico
entrava nelle famiglie che socialmente potevano, la massa dei poveretti (ed
erano tanti) si rivolgeva di preferenza, almeno all’inizio delle malattie, a
coloro che avevano il “segno”. I “segnù” erano persone beneficiate da Dio di
facoltà terapeutiche eccezionali. Le guarigioni seguivano a gesti e
manipolazioni sul paziente, con l’accompagnamento di particolari preghiere o
formule magiche. Non mancavano gesti di perorazione alle forze arcane, cosicché
il risultato, psicologicamente, era sempre positivo. Ogni “segnù” aveva il suo
rituale e quello che mi colpiva di più era il rituale di un buon uomo, in
possesso di tale facoltà, abitante al monastero, il quale faceva centro del suo
complesso cerimoniale il sedere del paziente. Ora, ripensandoci bene, viene da
chiedersi: aveva proprio tutti i torti?
![]() |
Cinema Radio di Via Rismondo (Archivio de Il Diciotto) |
Factotum
della Casa del Fascio era il “Burgil”, spassosa figura dagli orizzonti assai
limitati, sempre alle prese con il mestolo per la quotidiana razione di
“sbobba” da offrire ai meno abbienti ed in perenne contrasto con i più avidi
(la fame era tanta).
C’era il
“Carletu màt”, un giovanotto scarso di comprendonio, il quale, munito di un
berretto da tramviere, tutto serio e cosciente del suo lavoro, dava il segnale
di partenza ai tram, quando questi, già partiti, puntavano verso il centro
della città.
Il “Pep
Balester” era il buontempone del rione: organizzava le feste religiose e
civili, allietate dal corpo bandistico, di cui faceva parte e che, in
abbondanti libagioni, affogavano presso tutte le osterie del paese. Guai a
tralasciarne una!
Il “Giusepin
de la Casinascia” era lo spassoso nanerottolo che, vestito da lord inglese,
dava tono e dignità alla “Faltracada” (complesso bandistico dagli strumenti più
strani, fonti di rumori infernali). El Giusepin de la Casinascia, sommerso
dagli orchestrali in movimento per le vie di Baggio, aristocraticamente in frac
e tuba, con occhiali smisurati e senza lenti, fingeva di leggere un vistoso
trattato di filosofia sorretto al rovescio. Il compenso di tanta prestazione
era, come sempre, una massiccia bevuta. Questi erano, ai miei tempi, i tipi più
spassosi; tuttavia non mancavano le figure minori che contribuivano a dare
l’esatta idea dello spirito gioviale e semplice dei buoni baggesi.
![]() |
Giuseppin de la Casinascia sostenuto da La Faltracada (Archivio de Il Diciotto) |
Come si può dimenticare la “Cagnara”, quella devota nubile, proprietaria della merceria di fronte alla chiesa? Condivideva la sua esistenza con un cane di nessuna pretesa, ma che per noi ragazzi era motivo di mille scherni e quindi di mille risate. Che dire del Funsu Sioli, panificatore, fedele discepolo di Bacco? Tra gli aspetti interessanti dell’onesto prestinaio entrava pure la sbornia allegra e canterina. Purtroppo, quando i fumi avevano il sopravvento, tra una biascicatura e l’altra, anziché cantare “nell’Arno d’argento si specchia il firmamento…” gorgogliava “nell’Arno d’argento si specchia il pirlamento…”
L’Ambrosetti era chiamato el “Cù de pel” perché indossava un paio di pantaloni rafforzati di solido cuoio, essendo il suo lavoro quello di tassista. Tipo gioviale, come giovialoni saranno poi i suoi figli Aldo e Attilio.
domenica 16 febbraio 2014
SCRITTI (Parte 2) Storia di Baggio: il lavoro.
![]() |
Virgilio (1° in basso a sx) con la sua classe elementare (fine anni '20) |
Primeggiavano due case padronali: quella dei Dell’Oro (in via Gianella) e quella dei signori Bongiorno (il “palazzetto” di via Forze Armate con ingresso padronale di fronte alla chiesa). Il resto del paese era formato da abitazioni contadinesche e da dimore un po’ più civili, per quei tempi, per le poche famiglie di operai. A causa dell’endemica povertà, ben pochi erano i negozi, e quasi tutti di generi alimentari. Dominavano le osterie, le quali, come si sa, erano e sono i centri trasfusionali e di rianimazione dei semplici e dei poveri lavoratori. Non mancavano il farmacista, il barbitonsore-sarto, i meccanici ciclisti (allora si faceva largo uso della bicicletta), il droghiere, il prestinaio, il cartolaio-fotografo, il macellaio, vari fruttivendoli, il merciaio e lo zoccolaio che lavorava molto più dei due o tre calzolai. V’era pure un alberghetto di nessuna pretesa, quello dell’Angelo. Negli anni intorno ai trenta si installò accanto al botteghino del lotto un fantomatico Istituto Bancario che ben presto si dimostrò la tomba dei miseri risparmi di noi poveri spiantati. Anch’io ricordo di aver perso i miei risparmi (poche centinaia di lire) racimolati prestando servizio in chiesa come chierichetto.
![]() |
Lezione di economia domestica alla scuola S.Anselmo da Baggio negli anni 30. |
Ma
ritorniamo sull’argomento del lavoro: è bene aver un quadro sufficientemente
chiaro dei baggesi dei primi anni dell’epoca fascista. La prima guerra aveva
scompaginato sensibilmente il mondo operativo degli abitanti, cosicché, ad una
attività quasi esclusivamente agricola, se ne affiancò un’altra assai intensa e
ben accetta, quella cioè di prestatore d’opera nelle fabbriche della metropoli,
e prime fra queste la De Angeli Frua, la Borletti, il Bellavita, la
Salmoiraghi, e così via. Quindi se la via Gianella era abitata da “obbligati”,
cioè da contadini costretti a defatigarsi vita natural durante sui vasti
possedimenti dei Dell’Oro, gli abitanti di via Sgambati e molti altri
sparpagliati in tutta Baggio erano piccoli coltivatori diretti o affittuari. La
loro vita era assai grama: mattina presto, sera tardi; pochi soldi e molto
lavoro. Se gli uomini si recavano sui campi con carro e cavallo prima del
sorgere del sole, le donne con i piccoli raggiungevano il genitore verso le
otto, spingendo delle grandi gabbie in cui si trovavano grossi gallinacei
starnazzanti. Non mancava il più grandicello dei figli che spingeva la carriola
in cui era riposto il cibo del mezzodì.
![]() |
L'Angelus di Millet |
Alle 18, o giù di lì, la carovana
rientrava con il carro pesante di erba. Munte le vacche, il latte veniva
affidato al signor Richèt Balestri, il quale, misuratolo, lo versava nel grande
bidone ribaltabile (la bunza) perché l’addetto lo consegnasse alla Centrale.
Era un’economia povera che non lasciava margini a sprechi di alcun genere e
che, per altro, pretendeva l’apporto di tante braccia forti e volenterose. A
quei tempi era vivace l’allevamento dei bachi da seta, per cui nei campi si
alternavano i gelsi con i filari d’uva americana e, qua e là, qualche ciliegio,
noce, melo e altri alberi da frutto nostrani.
Gli operai, alle sette del mattino, in massima parte in sella alle loro biciclette, raggiungevano i rispettivi posti di lavoro; le operaie, invece, si servivano del tram. Come musulmane di serie B, prima di salire in vettura, si sfilavano gli inseparabili zoccoli e si mettevano le “sibrette” (ciabatte). La sera si ripeteva in senso contrario la cerimonia, convinte di aver dato un valido contributo alle finanze domestiche, risparmiando cuoio. Le vie si rianimavano alle nove meno un quarto per le frotte vocianti dei ragazzi che si dirigevano alla scuola elementare di Via A. da Baggio di recente costruzione.
![]() |
Scuole di Via S.Anselmo da Baggio |
sabato 8 febbraio 2014
Scritti (Parte 1): Storia del territorio di Baggio
![]() |
Baggio anni '20: capolinea del tram e casermetta dei carabinieri. |
Le mie conoscenze dirette del rione di Baggio risalgono agli anni ’20, ma tramite mio padre la conoscenza giunge all’anno della sua nascita, cioè al 1879. Mio padre, logicamente, non mi risparmiava le notizie avute in eredità dal nonno Virgilio, uno dei benemeriti casellanti del tronco ferroviario Milano-Alessandria, all’altezza della Ca’ Bianca, e proprietario di una casa in via Due Giugno a Baggio. Il nonno nacque a Pregnana nel 1848. La nascita di mia madre avvenne invece nei vecchissimi locali ricavati dal Monastero degli Olivetani, locali che albergarono generazioni di Lampertico, provenienti, a detta di mio padre, dalla vicina Confederazione Elvetica.
Riferirò, alla buona, del mio Rione posto ad occidente della metropoli lombarda, allorché, nel 1923 cessò di essere comune a sé. Da questo connubio, il nuovo rione trasse vantaggio? Le clausole tra i due sindaci di tale inglobo vennero, in seguito, depositate negli archivi milanesi; è certo che Baggio continuò ad essere agricola e migliorie per i pochi abitanti non se ne videro molti. L’Amministrazione ci portò il tram n.34, che faceva capolinea in Largo Cairoli e per il quale, in periferia, il bigliettaio doveva girare il trolley una volta giunto al lato della ex-casermetta. In seguito, sull’area dell’attuale oratorio femminile di Via Forze Armate si allestì la “rotonda”. V’era pure la stazione dei Carabinieri (e chi non ricorda il Maresciallo Cilia ?); il Curato beneficiò del titolo di Prevosto, perché tale era (ed è) il grado dei responsabili delle parrocchie cittadine. Per il resto i baggesi (ci si guardi bene dal chiamarli “baggiani”) continuarono ogni autunno a rimettere al sole le fumiganti terre che avevano arricchito i capaci granai dei Dell’Oro (ricca famiglia latifondista) ed i troppo stretti depositi dei piccoli proprietari dei terreni (fra cui anche i miei nonni materni).
![]() |
Sessione di orticoltura a scuola A. da Baggio (primi anni '30) |
Baggio, in quegli anni, non vantava una rete viaria troppo complessa; infatti, provenendo dal centro, lungo una stradicciola di pochi metri di larghezza, si giungeva nell’abitato. Da qui, una arteria di nessuna importanza (le attuali Vie Rismondo e Scanini) si perdeva nei prati confinanti con Quinto Romano, mentre la strada, chiamiamola principale, dopo aver lasciato sulla destra la via Masaniello, raggiungeva la Chiesa, quella in cui si trova il famoso organo. L’attuale via Gianella, all’altezza circa di Via Valle Isorno, si biforcava ed una stradicciola portava a Cesano Boscone, mentra l’altra arrivava (come tutt’ora arriva) a Muggiano. Proseguendo poi per via Ceriani, si voltava in via Due Giugno e, giunti in Piazza Anita Garibaldi, un’arteria puntava su Cusago, mentre una seconda su Quinto Romano. All’altezza della attuale Via Anselmo da Baggio, la strada curvava raggiungendo Seguro. Queste erano le uniche strade di Baggio quando io ero un ragazzo.
![]() |
Funerale in via Ceriani, fine anni '40. |
L’illuminazione era quanto mai scarsa; l’acqua si attingeva alle “trombe” (pompe idrauliche) e non esisteva la rete fognaria. Il servizio igienico si trovava o nel mezzo della corte o in un angolo, e serviva a tutti gli abitanti del cortile che, come nel mio caso, raggiungevano la riguardevole cifra di una trentina di persone. Dove finivano gli scarichi del gabinetto? Nel pozzo nero, dal quale, ad intervalli regolari, il contadino, col “bonzetto” (bonza), nel silenzio della notte lo vuotava, tuffando ritmicamente e rumorosamente il secchio munito di una lunga pertica. E’ inutile soffermarsi sui particolari sgradevoli; certo è che parte dei liquami si incanalava nella piccola roggia (rungèt) che percorreva il centro delle vie e nella quale finivano pure le acque sporche rovesciate dai mastelli (sigiùn). Queste rogge costituivano lo scarico e raggiungevano i vari fontanili di cui Baggio era ricca.
![]() |
El Monastée negli anni 40. |
domenica 2 febbraio 2014
CENNI BIOGRAFICI di Virgilio Chiesa
Cresciuto, a cavallo della Seconda Guerra, in una famiglia
di estrazione proletaria ma di saldissimi principi cattolici ed antifascisti ed
educato secondo la migliore dottrina cristiano sociale, fu spedito in seminario
dal padre (nostro nonno Enrico, vedi sezione "scritti"). Il collegio gesuita salva
Virgilio dalle brutture della guerra e della dittatura ma non riesce a
contenere tutto il suo carico di umana vitalità e difatti non appena possibile
evita i voti e comincia a sgobbare.
Farà lavori anche duri. Lavorerà sempre: anche frequentando
l’Università e laureandosi in Lettere e Filosofia, anche durante tutta la sua
carriera di insegnante di Lettere Storia
e Geografia, anche crescendo i suoi cinque figli. Lavorerà fino a quando,
proprio ormai alla fine, la sua tremenda malattia non l’avrà fermato.
Virgilio quando insegnava, almeno così diceva, si riposava;
e si divertiva (era fatto per quello!), ma fu anche trasportatore, operaio,
fattorino, imbianchino ed altro ancora. Uno degli insegnamenti più grandi che
ci ha lasciato riguarda proprio la dignità del lavoro. Diceva spesso
“Bisogna aveg vergogna de andà a rubà,
minga de laurà!” (Occorre vergognarsi di andare a rubare, non di lavorare!). Al
di là di questo papà ci ha lasciato la più viva e sincera fede nel valore della
solidarietà e nella Divina Provvidenza (quante volte l’abbiamo sentito dire
“quel che butti dalla finestra, ti ritorna moltiplicato per dieci volte dal
portone”!), l’attaccamento al territorio ed alla sua storia, una disincantata
gioia di vivere (amava scherzare con tutti ed essere garbatamente ironico, ma
sapeva perfettamente quando era il momento di fare sul serio), la considerazione
per ogni essere umano, soprattutto per chi tende una mano (fu insignito della medaglia d'argento AVIS), il facile
orientamento ai rapporti umani, la propensione ad “abbattere i muri” fra le
persone e la concezione di famiglia inclusiva.
![]() |
Saggio di musica - Scuole Medie di Cesano Boscone |
![]() |
Con allieve di Cesano Boscone in visita a casa nostra a Baggio. |
A questo riguardo, ci piace ricordare quanti allievi sono passati
per le mura di casa nostra in Via Cabella: dalle Scuole Medie Statali di Arluno
e di Cesano Boscone, dall’Istituto Marchiondi di via Noale, dalla Media Statale
“C.Correnti” del Quartier degli Olmi , dalla Civica Scuola Serale “Anselmo da
Baggio” ed altre ancora. Per tutti (per noi, per loro) erano bei momenti di
incontro, di ilarità e, se mamma Ambrogina era stata avvertita per tempo, di
condivisione di buoni dolci o altri manicaretti. Virgilio portava in gita i
suoi studenti non solo (e non tanto) ad interessanti mete turistiche, ma se la
situazione in classe richiedeva uno stacco, portava l’intera scolaresca per le
vie e le piazze di Baggio, raccontando mille aneddoti dei tempi che furono; una
sorta di “scuola di strada” svolta forse per infondere nei ragazzi la passione
per la storia.
1976: Con la 2^ G del Q.re Olmi in visita al Monastero degli Olivetani
Iscriviti a:
Post (Atom)